Fototeca Confino Politico
Candelora: la donna della foto di Gramsci

Candelora: la donna della foto di Gramsci
Catenaccio per chiusura alloggi confinati
Catenaccio per chiusura alloggi confinati
I catenacci per la chiusura dei cameroni e delle case in cui erano alloggiati i confinati erano realizzati a Ustica da artigiani locali e avevano tre tipi di serratura, uno per ciascun quartiere del centro abitato. Per distinguerli venivano contrassegnati da una “S” per indicare gli alloggi ubicati nel rione San Bartolomeo, da una “C” per indicare quelli del rione Calvario, da una “M” per indicare quelli del rione Marina.
I confinati politici antifascisti inviati a Ustica nel 1926-27 avevano l’obbligo di rincasare un’ora dopo i coatti e non venivano rinchiusi col catenaccio, ma durante la notte la polizia poteva controllare la loro presenza in casa. La mattina avevano facoltà di uscire dalla casa un’ora prima dei coatti.
Case per abitazione confinati
Case per abitazione confinati
Gli alloggi dei confinati erano previsti in “cameroni”, ampie stanze prese appositamente in affitto dallo Stato. Tuttavia ai confinati era consentito alloggiare, da soli o con la famiglia o in gruppo, in case prese in affitto previa autorizzazione del Direttore della Colonia. Le case dovevano essere all’interno del centro abitato entro il LIMITE CONFINATI. Eccezionalmente poteva essere autorizzato l’affitto di case all’esterno del centro abitato, come si è verificato per i notabili libici negli anni tra il 1916 e il 1934 e per i confinati politici del 1926-27. L’autorizzazione veniva data dopo avere accertato che le case avessero grate alle finestre e sistema di chiusura con catenaccio alla porta.
Le case autorizzate venivano indicate con un numero distintivo e targa con la scritta “Abitazione Coatti n. X”. In apposito registro presso la Direzione della Colonia venivano annotate per ciascuna abitazione le generalità dei confinati alloggiati.
Persiana di casa abitata da confinati
Persiana di casa abitata da confinati
I confinati, sia che fossero alloggiati nei “cameroni” che nelle abitazioni prese in affitto venivano rinchiusi con catenaccio anche se convivevano con familiari, dal tramonto all’alba. All’ora fissata (variabile a seconda della stagione) una pattuglia di guardia chiamava l’appello e chiudeva il catenaccio. Addetto al trasporto dei catenacci era un confinato, detto catenacciaro, che portava a tracollo come una cartucciera i catenacci necessari.
La foto ritrae un caso particolare: una persiana dotata dell’apposito armamentario per chiudere le due ante. La foto è eccezionale perché in genere le case con persiane erano abitate dai proprietari.
Porta di casa abitata da confinati
Porta di casa abitata da confinati
Le case abitate da confinati generalmente erano molto misere. Avevano una solo finestrella, in genere posta sopra la porta, con grate. La porta doveva essere dotata di un apposto armamentario che consentiva una sicura chiusura della porta. Si trattava di una asta di ferro piatto, ancorato con cerniera allo stipite, che aveva un occhiello saldato nella parte centrale posta in modo che, ruotando l’asta, si incastrava tra i due occhielli posti sulle due ante. Un catenaccio ai tre occhielli garantiva sicurezza alla chiusura.
Nella foto la finestrella a lato della porta ricorda che il locale era stato adibito a “cucina economica per coatti”. All’interno si cucinavano le pietanze che venivano distribuiti attraverso la finestrella. L’informazione è stata data da una un’anziana donna dirimpettaia.
Cameroncino del Calvario per alloggi confinati
Cameroncino del Calvario per alloggi confinati
Negli anni Trenta del Novecento sono stati costruiti otto “cameroncini” alla fine delle strade che conducevano dal centro abitato. Vi vennero insediati corpi di guardia per vigilare che i confinati non superassero LIMITE CONFINATI oltre il quale non potevano andare senza apposito permesso rilasciato dal Direttore della Colonia.
I “cameroncini” vennero realizzati al bivio di Via Tramontana e via del Cimitero, all’inizio della strada del Bosco, all’incrocio di Via Appennini con la strada dell’Oliastrello, all’incrocio di via Torre Santa Maria con la strada dell’Oliastrello, all’inizio della stradella del Mulino a vento, lungo la via C. Colombo (detta Rotonda), lungo la via Mezzaluna, alla fine di Via del Calvario.
Successivamente i “cameroncini”, dotati di cancelli e grate alle finestre, vennero utilizzati anche per alloggiarvi confinati. Nel 1942 nel cameroncino del Calvario e in quello della Rotonda vennero alloggiate confinate slave.
(Rif. CO_01)