Emeroteca Ustica
Il ritorno di Gramsci a Ustica
Il ritorno di Gramsci a Ustica
Corriere della Sera del 16/02/1997
Geostar
Cfr. Foresta Martin Francesco, Geostar nella piana abissale di Ustica, in «Lettera» n. 5, 2000, p. 32 (EM_0001)
Corriere della Sera del 16/02/1997
Festa dello Statuto
Festa dello Statuto
La foto ritrae in posa nelle uniformi di ordinanza la 2° Compagnia del 62° Fanteria di stanza nell’Isola di Ustica in uno spiazzo appositamente addobbato per festeggiare con un pranzo speciale a Festa dello Statuto.
La Festa dello Statuto risale al 5 maggio 1851 e veniva celebrata nel Regno di Piemonte, la prima domenica di giugno; era una ricorrenza nazionale e civile, istituita dai Savoia per ricordare la concessione di alcune garanzie costituzionali ad opera di re Carlo Alberto. La legge 5 maggio 1861 la surrogò con la festa nazionale celebrativa dell'Unità raggiunta con la costituzione Regno d’Italia.
L'Ora 20 agosto 1935: Gita ad Ustica
L'Ora 20 agosto 1935: Gita ad Ustica
La pubblicità di una gita ad Ustica nel giornale “L’Ora” di Palermo del 1935 con il dettagliato programma riservato ai turisti ricco di escursioni, di intrattenimento. L’isola era diventata una meta di gite organizzate con l’avvento del vapore. La prima gita di cui si ha notizia è stata organizzata dalla compagnia Ignazio Florio nel 1842 per promuovere la nuova nave Palermo destinata ai collegamenti tra Napoli e Palermo.
Il Domicilio Coatto ed Il Confino Politico
Il Domicilio Coatto ed Il Confino Politico
Già nel 1763, all’avvio della colonizzazione, i Borbone mandarono ai lavori forzati di Ustica quaranta “sterrati” (ex terra, relegati) per la costruzione delle fortificazioni, segnando così il destino dell’isola, che resterà terra di confino per due secoli, fino all’ottobre 1961. Ai confinati comuni spesso si aggiunsero ben presto i “politici”: contestatori dei Borbone, patrioti del Risorgimento, anarchici di fine Ottocento, oppositori delle guerre coloniali, uomini della resistenza libica. Il confino di Ustica assunse connotazioni diverse tra il ‘26 ed il ‘28 quando l’isola fu sgombrata dai coatti per far posto ai politici antifascisti, tra cui vogliamo ricordare Gramsci, Amadeo Bordiga, Ernesto Schiavello, Fabrizio Maffi, Alfredo Tucci, Giuseppe Scalarini, Giuseppe Romita, Riccardo Bauer, Giuseppe Massarenti, Ferruccio Parri, Mario Angeloni, Riccardo Bauer, i fratelli Carlo e Nello Rosselli. I confinati furono protagonisti di tentativi di fuga dall’isola: questa fuga, di cui riferisce “La Tribuna Illustrata della Domenica”, è l'unica riuscita e, sicuramente, la più curiosa.
1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti
1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti
1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti
Nella primavera del 1906 Ustica fu colpita da una fitta sequenza di scosse di terremoto accompagnate da boati, rombi e scariche elettromagnetiche tali da provocare crolli e lesioni in decine di abitazioni private e di edifici pubblici, suscitando panico fra gli abitanti e l’affollata colonia di confinati presenti nell’isola. Per il timore di una catastrofe naturale che avrebbe potuto squassare l’intera isoletta, sostenuta da scienziati, il Prefetto decise di evacuare l’isola, trasferendo a Palermo la quasi totalità gli abitanti e i confinati. La notizia fece scalpore e molte testate italiane ed estere la raccolsero e tra queste anche la Tribuna Illustrata che il 15 aprile 1906 che, oltre a un servizio nelle pagine interne, dedicò all’evento la copertina accompagnata dal seguente testo: «La piccola isola di Ustica è da parecchi giorni in preda a continue scosse di terremoto. La settimana scorsa, durante un’orribile giornata, la popolazione che ancora non aveva abbandonata l’isola, si precipitava atterrita, con le povere masserizie sulle spalle, verso la spiaggia del mare, dove era ancorato un piroscafo, il Tirso. Il suolo tremava sotto i loro piedi. La nostra prima pagina a colori illustra appunto la dolora e drammatica fuga di quegli infelici, nati e vissuti sempre nell’isola, che ora, atterriti e dolenti, con la morte nell’anima e lo spettro dell’ignoto e della miseria dinanzi agli occhi, hanno dovuto abbandonare, che il tema che il mare finisca con l’inghiottirla. Ora il paese è desolato; anche i coatti sono stati trasportati nei vari penitenziari della Sicilia e nell’isola non rimangono che pochi pescatori e qualche contadino che guarda il bestiame. Oltre alla pagina a colori, pubblichiamo a pag. 231 una veduta del paese e un’istantanea eseguita al momento della partenza dei coatti».
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Approfondimenti
Franco Foresta Martin, 1906: Gli Usticesi in fuga per terremoti a raffica, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 19-20 aprile-agosto 2005.
Vito Ailara, I sovrani a Ustica per confortare gli isolani dopo il terremoto, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 21-22, dic 2005-apr 2006
Vito Ailara, The King and Queen in Ustica to comfort the islanders after the earthquake, in «Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica» n. 21-22, dic 2005-apr 2006
Franco Foresta Martin, Geppi Calcara, Vito Ailara, Ustica s’inabisserà? Cronistoria della sequenza sismica che causò l’abbandono dell’Isola, Ed. Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica, collana Le Ossidiante, 2011
Il Brigantino Elisa a Boston
Il Brigantino Elisa a Boston
Il giornale “The Atlas Boston” documenta con dovizi e di particolari l’approdo nel porto della città del brigantino Elisa della Compagnia della famiglia Ingham. Al suo comando era l’usticese Vincenzo Di Bartolo (1802-1849) che il 28 ottobre 1838 era partito alla volta di Sumatra per un carico del prezioso pepe nero. Diretto a Boston per scaricare “generi indigeni” fu sorpreso da una tempesta da cui il bastimento ne uscì gravemente danneggiato e il Di Bartolo con una frattura alla scopola sinistra. Da Boston ripartì alla volta di Sumatra dove giunse doppiando il Capo di Buona Speranza e, dopo aver superato tempeste e grandi avversità, rientrò nel porto di Palermo la notte del 15 dicembre 1939, dopo una navigazione lunga 1 anno 1 mese e 17 giorni. Fu, questa, un’impresa eccezionale perché il Di Bartolo aveva effettuato il lungo viaggio, aprendo nuove rotte commerciali per il Regno delle Due Sicilie, senza la conoscenza delle informazioni da tempo acquisite (e considerate segreti inviolabili) dalle altre marinerie che detenevano il monopolio delle rotte oceaniche. Per questi meriti ebbe grandi onori: la nomina di Alfiere di Vascello, il diploma di Cavaliere e una Medaglia d’oro al Valor Civile.
Per approfondimenti confronta gli articoli:
* Il capitano delle tre isole
di Salvatore Mozzarella, pubblicato in “Lettera” n
. 2 settembre 1999
* Vincenzo Di Bartolo nei ricordi di famiglia
, di Vito Ailara pubblicato in “Lettera” n. 11-12 l
uglio-
dicembre 2002.