Dedicato a Giovanni Mannino
A cura della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo si è svolto nel Convento della Magione il convegno sul tema "Ustica e il Neolitico della Sicilia Nord-Occidentale". Il presidente Vito Ailara in rappresentanza del Centro Studi ha partecipato con una relazione per ricordare Giovanni Mannino, cittadino onorario di Ustica e socio onorario del Centro Studi. Ripercorrendo alcune fasi del lungo rapporto di Mannino con l'isola, durante il quale ha familiarizzato con la comunità isolana, Ailara ha sottolineato quanto Ustica gli sia grata non solo per la scoperta del Villaggio dei Faraglioni del Medio Bronzo, in sé straordinaria, ma anche per la ricostruzione della storia archeologica dell'Isola, frutto di lunghe e faticose sue indagini. Mannino è stato anche un collaboratore assiduo del Centro Studi -e gliene siamo grati- scrivendo per Lettera tantissimi articoli e firmando il bel libro "Le Grotte di Ustica" e la preziosa "Carta Archeologica di Ustica" in cui ha riassunto tutte le sue osservazioni naturalistiche e archeologiche raccolte esplorando ogni angolo dell'isola con l'acume che lo caratterizzava. «A Mannino -aggiunge Ailara- la scienza e la Sicilia deve gratitudine per il patrimonio inestimabile di ricerche e di studi che ha lasciato: libri, contributi e centinaia di articoli, cinque carte archeologiche, l'impianto del Catasto Spelelogico Siciliano, la fondazione dell'Associazione Speleo-archeologica Siciliana, ma anche la rigorosa esplorazione di 700 grotte, “zubbi” e abissi individuando in oltre 50 grotte siciliane graffiti di figure antropomorfe e zoomorfe e scoprendo -primo in Europa- i graffiti lineari, senza contare i tantissimi scavi e ricerche in centri abitati e in grotte delle province di Palermo e Trapani. Oltre all'apporto scientifico Mannino lascia anche una grande eredità morale e resta un esempio per le nuove generazioni: un esempio di uomo retto e umile, mite e rigoroso, infaticabile e appassionato del suo lavoro, coerente e tenace, buono e sensibile sino a piangere per il regalo di un vasetto di terra del "suo" Villaggio dei Faraglioni».
Grazie alla collaborazione fra l’Istituto Storico della Resistenza di Parma e il nostro Centro Studi, è stato possibile presentare a Ustica dal 21 agosto al 20 settembre 1999 la mostra storico documentaria I confinati: oppositori politici al confino di polizia nell’Italia fascista. Inoltre, in parallelo alla mostra, è stato proiettato il film di Marco Leto La Villeggiatura che racconta l’esperienza del confino politico nelle isole. La mostra, ospitata nel vecchio Municipio, è stata curata da Mario Palazzino, Guido Pisi e Wiliam Gambetta.
Composta da 20 pannelli con documenti originali e immagini d’epoca proponeva un percorso attraverso le vicende istituzionali, politiche e umane che hanno caratterizzato la vicenda degli antifascisti inviati al confino fra il 1926 ed il 1943. Il fascismo affinò la consuetudine dei governi precedenti di utilizzare il domicilio coatto contro gli oppositori politici e, grazie all’ambiguità delle norme e all’amplissima discrezionalità concessa alla Polizia, costruì un meccanismo inesorabile di limitazione della libertà dei propri oppositori. Il domicilio coatto, pena di competenza del potere giudiziario, venne mutato in confino di polizia, una misura preventiva comminata da organi del potere esecutivo non per un reato commesso e provato, ma per una pretesa pericolosità sociale stabilita su informazioni riservate.
Le nuove leggi di Pubblica Sicurezza, entrate in vigore l’8 novembre 1926, consentivano di assegnare al confino di polizia “coloro che abbiano commesso o manifestato il deliberato proposito di commettere atti diretti a sovvertire violentemente gli ordinamenti nazionali, sociali ed economici costituiti nello Stato o a menomarne la sicurezza ovvero a contrastare od ostacolare l’azione dei poteri dello Stato”. Il codice del 1931 lo estese anche alle “persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente e per gli ordinamenti politici dello Stato”. Così venne stravolto un consolidato principio di diritto, secondo cui il potere di limitazione della libertà personale spettava al magistrato su basi di fatti provati. La repressione colpì un numero enorme di oppositori e furono emesse 15.470 ordinanze di assegnazione al confino politico e, col Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, in diciassette anni furono giudicati 5.619 antifascisti.
Di straordinaria efficienza il mantenimento del Casellario Politico Centrale, vera e propria anagrafe del movimento antifascista. La mostra è stata anche occasione per approfondire, proprio ad Ustica che fu sede di una delle prime colonie di confino, le vicende di uomini che, nonostante le continue angherie delle autorità, non smisero mai di pensare e lavorare in maniera collettiva e che costituirono un attacco al sistema poliziesco fascista di valore non inferiore a quello che l’antifascismo riuscì a realizzare dopo l’8 settembre.
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