Sta per concludersi il progetto didattico “Il paesaggio di Ustica nel tempo. Riconoscerlo per preservarlo” svolto con le classi dell’Istituto Comprensivo Saveria Profeta di Ustica per l’anno scolastico 2023/2024 a cura del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica.
Grazie all’impegno di Margherita Longo e di Vittoria Salerno, che nella qualità di responsabile dei rapporti con le scuole ha anche svolto la funzione di coordinatrice del progetto, il ricco programma del progetto è stato molto ricco di contenuti e articolato. Le attività didattiche si sono svolte tra le aule della scuola, nella sede del Centro Studi e attività in esterna per un totale di 50 ore, di cui 18 ore dedicate agli alunni della scuola primaria, 19 ore agli alunni della scuola secondaria e 13 agli studenti dei licei.
Hanno collaborato allo svolgimento delle attività anche Nicola Longo, Valentina Poggi e Annalisa Patania con il coordinamento del Presidente Vito Ailara.
Nel dettaglio le attività svolte:
1^ classe primaria: osservazioni della natura geologica e botanica e richiami storici lungo itinerario San Ferlicchio - Mulino a vento - Torre Santa Maria.
2^ e 3^ classe primaria: osservazioni della natura geologica e botanica e richiami storici e archeologici lungo itinerario Case Vecchie - Sentiero del bosco sino alla parete di tufo ritorno.
4^ e 5^ classe primaria: osservazioni della natura geologica e botanica e richiami storici e archeologici lungo itinerario Passo della Madonna - Sentiero di Tramontana - Gorgo Salato - Villaggio preistorico.
1^ classe scuola secondaria di I grado: visita del Museo della Civiltà Contadina e marinara ed esercitazione pratica con cernita della farina, preparazione pasta fresca con macchina antica.
2^ classe scuola secondaria di I grado: visita del dissalatore e lezioni sul tema “Ustica e l’acqua dalla preistoria ai giorni nostri”.
3^ classe scuola secondaria di I grado: visita della centrale elettrica e lezioni sul tema “Ustica e l’illuminazione dalle lucerne, ai fanali a petrolio, alle lampadine elettriche”.
Classe 1^ ITET e 1^ e 2^ Liceo: osservazioni della natura geologica e botanica e richiami storici e archeologici lungo itinerario per la rocca della Falconiera.
Classi 3^, 4^ e 5^ ITET: Toponomastica centro abitato con esercitazioni con la costruzione di un itinerario da proporre ai turisti con prove sul campo.
Tutte le attività sono state precedute per ciascuna classe dalla descrizione del progetto e dalla introduzione all’attività e seguite da approfondimenti in classe.
Gli alunni si sono dimostrati particolarmente attenti e interessati, hanno trovato stimolanti le attività, presentando tantissime domande ai soci del Centro che hanno guidato le attività. Ne va dato merito a tutti gli insegnanti dell’Istituto la cui partecipazione, coordinata con efficienza dalla energica prof.ssa Chiara Adamuccio.
Per completare il progetto, nel corso della prima settimana di giugno tutti gli studenti, nella palestra dell’Istituto, presenteranno agli insegnanti e ai genitori gli elaborati realizzati in classe per esaltare gli aspetti peculiari dei percorsi culturali svolti.
La mostra fotografica La Pistata delle lenticchie è stata esposta a Ustica nei locali del Fosso nel 2001. Autore delle foto è l’usticese Bruno Campolo, che con la sua passione per la fotografia e per la sua isola natia si è reso testimone attento a cogliere gli ultimi documenti della vita contadina, ora in profonda trasformazione tecnica, contribuendo a salvarne la memoria; autori dei testi sono Nicola Longo, socio fondatore del Centro Studi, agronomo usticese, e la figlia Margherita, titolari di un’azienda agricola specializzata nella produzione di lenticchie. I sessantaquattro pannelli della mostra hanno voluto essere un omaggio ed un segno di gratitudine alla civiltà contadina usticese. Con essa si è voluto proporre al pubblico il valore antropologico e culturale di un rapporto speciale tra l’uomo e la terra ed un documento fedele ed efficace per non disperdere nell’oblìo la tecnica di coltivazione della lenticchia di Ustica.
Nel contempo si è voluto anche dare risalto ad un alimento un tempo fondamentale nella dieta dei nostri contadini e ad un legume molto richiesto nel mercato, ed esportato con successo: un prodotto, quindi, di grande valenza economica per gli isolani. La pistata, operazione conclusiva del ciclo lavorativo della coltivazione del legume, consiste nella frantumazione all'interno dell'aia dei piccoli baccelli e dell'intera pianta ormai essiccata, nonché nella successivaspagghiata al vento per la separazione della paglia dalle lenticchie ed infine nella cirnutacon l'apposito grande setaccio circolare detto crivu. La lenticchia di Ustica (Lens culinaris Medik) è coltivata nell’isola fin dai tempi della sua colonizzazione. Il suo pregio è dovuto alla natura del terreno vulcanico ed alle sue piccolissime dimensioni, oltre che alla tenerezza, al gusto intenso ed al profumo nella fase di cottura. Seminata tra dicembre e gennaio con l’aiuto di un asino e di un aratro di ferro, la lenticchia necessita di cure particolari.
Con piccole zappette (zappudda) viene eseguita in marzo la zappuliataper eliminare le erbe infestanti: un’operazione faticosa fatta in gruppo secondo una vecchia usanza di cooperazione (aiutu p’aiutu). Le piante di lenticchie si raccolgono con molta cura nella prima metà di giugno estirpandole manualmente nelle primissime ore mattutine o, addirittura, nelle notti di luna piena, quando i baccelli ancora umidi per la rugiada trattengono il seme e restano attaccati alla pianta. Essiccate al sole (caliàte), le pianticelle vengono sparse nell’aia per essere schiacciate (ammansate) da asini spronati a correre al suo interno. Agli asini subentrano le mucche che, appaiate con un giogo, trascinano la pietra di pistariper la rottura dei baccelli. Quando i baccelli sono tutti rotti, ha inizio la spagghiata per separare il legume dalla paglia sfruttando il vento, né lieve perchè altrimenti non avverrebbe la separazione della paglia, né forte, perché porterebbe via anche il legume.
La spagghiàta coinvolge più addetti che, governando con maestria il tridente di legno, sollevano in alto lenticchie e paglia per espellere quest’ultima fuori dell’aia. Segue la paliàta, utilizzando una pala di legno al posto del tridente, per ultimare, sempre con la forza del vento, la separazione degli ultimi residui di paglia (annittata). Così si va formando al centro dell’aia il mucchio di lenticchie, ilmunzeddu. Indi l’aia viene accuratamente ripulita con piccole scope (scupitti) fatte con piante secche di lino. Nessun seme di lenticchia deve andare disperso. Non appena il munzeddu, simbolo e segno di un traguardo raggiunto, è costituito, compare nell'aia il cernitore (cirnituri) con un setaccio rotondo di pelle d’asino di un metro di diametro (crivu), che viene appeso ad un treppiedi (triangulu). La delicata fase della cernita (cirnùta) porterà ad ottenere lenticchie pronte da insaccare. La pistata, tecnica utilizzata anche per il grano, l’orzo, le fave e altri legumi, è ora soppiantata da nuove tecnologie ed è caduta in disuso. Anche per questo la mostra quindi assume il valore di un documento di particolare importanza per la tutela della memoria storica del lavoro contadino usticese.
Per approfondimenti leggere gli articoli:
* La Pistata delle lenticchie, di Nicola e Margherita Longo, in “Lettera” n. 13-14 aprile-agosto 2003.